In memoria di Renata Fonte

Trent’anni fa, il 31 marzo del 1984, a Nardò, in provincia di Lecce due sicari uccisero con tre colpi di pistola l’assessore repubblicano Renata Fonte. Renata aveva appena compiuto 33 anni, lasciava con il marito, due figlie allora di soli 10 e 15 anni. Nipote di Pantaleo Ingusci, figura storica del Partito repubblicano leccese, perseguitato e arrestato durante gli anni del fascismo, Renata, fu una fra le prime donne a entrare in politica nella provincia di Lecce. Militante del Partito Repubblicano Italiano, ne divenne Segretario cittadino. Si distinse quasi subito nelle battaglie civili e sociali contro le lottizzazioni e le speculazioni cementizie che si effettuavano in quella zona. Divenne in fretta un personaggio scomodo, soprattutto quando assume i suoi primi incarichi istituzionali da dove può lavorare con più forza per la tutela e la difesa del territorio. Il Parco naturale di Porto Selvaggio che oggi, è un’oasi incontaminata del mediterraneo, è un risultato della sua battaglia. Denuncia gli illeciti ambientali commessi nel Salento dove iniziano a diffondersi i metodi mafiosi. Renata non era una donna che si spaventava e portò avanti la sua iniziativa con una tale determinazione ed una tale intensità che qualcuno ritenne necessario eliminarla. Il suo fu il primo omicidio di mafia nel Salento. La famiglia perse una persona indispensabile, il partito un dirigente dal valore inestimabile, il Paese un esponente di quella classe politica di cui non smette di aver bisogno.

Roma, 1 aprile 2014